Giorni
fa qualcuno mi ha visto sul palco cantare con le lacrime agli occhi... ha
sentito la mia voce strozzata dal pianto... ha percepito pause più lunghe del
solito tra un verso e l’altro... mi ha visto sudare e ha visto mischiare sul
mio volto sudore e lacrime... mi ha visto e sentito idolatrare un essere
meraviglioso che per 11 anni mi ha amato senza chiedersi perchè, mi ha difeso
da tutto e da tutti... eccolo, lo vedo qui accanto a me, sulla sua enorme
cuccia... con i suoi enormi occhi ... quante volte in questi anni mi ci sono
tuffato... avrei voluto succhiarli... li ho sentiti appiccicati addosso come
non ne ho mai sentiti altri...
Credete
sia patetico e ridicolo elencare tutto quello che ho imparato in questi anni
grazie a lui?... forse lo è ma è una verità e la verità è nobile, è urgente, è
pura e necessaria nella vita... la verità è informazione!
Da
lui ho imparato a cercare gli odori tra le improbrobabili correnti d’aria e tra
gli abiti e sulla pelle e sulle lenzuola... ho imparato ad amarli e a gustarli...
Da
lui ho imparato a demolire le pareti che circondano le prigioni del pudore e a
guardare fiero negli occhi il desiderio....
Da
lui ho imparato la rabbia istintiva per difendere l’amore... si perchè l’amore
va difeso e va concimato ogni giorno...
Da
lui ho imparato a non vedere la differenza tra una tigre ed una zanzara, a non
distinguere un grillo da un leone, un topo da un gigante, ma a riconoscerne
l’odore del loro cuore...
Da
lui ho imparato il rispetto lontano dalle logiche di mercato, ho imparato il
rispetto della giungla e a dare senza pretendere...
Da
lui ho imparato il valore e il calore del branco, della fiducia, dell’amore,
della famiglia...
Da
lui ho imparato ad amare senza condizioni alcune, ho imparato ad amare
semplicemente.... amare solo per il sapore dell’amore....
Da
lui ho imparato a giocare come un animale, a comunicare con uno sguardo, a
sorridere o minacciare con gli occhi, a chiedere senza pretendere e senza
pudore, a conquistare...
Da
lui ho imparato a leccare le ferite, le lacrime, i sorrisi...
Per
carità, erano tutte nozioni che già vagavano nel mio dna, che già frullavano
negli scaffali della mia mente, si perdevano nei vicoli del mio inconscio e che
avevo già assaporato... ma con lui è stato diverso... con lui ho vissuto in
simbiosi... con lui ho provato un amore diverso... un amore animale... come un
pugno nello stomaco il suo amore mi ha piegato in due, mi ha devastato... il
rumore del suo amore mi ha assordato.... mi ha tatuato l’elenco succitato nelle
viscere!
Ed
ora è così difficile imparare da lui la semplicità della ciclicità vitale... è
così difficile vivere il dolore senza chiedersi perchè e senza provare
rabbia... è così difficile accettare che perdere è più facile di vivere il
terrore di perdere...
È
così difficile sentirsi incapaci, impotenti, fragili e labili... è così
difficile ora mancare una promessa fatta 11 anni fa: “ti proteggerò, ti curerò
e con me sarai al sicuro”... e così difficile ora ammettere e sussurargli
all’orecchio: “non posso più proteggerti... il mio amore non ti salverà... non
ti proteggerà dalla maledetta entropia che governa la nostra carne...”
Odio
i crostacei...
Permettetemi
questo sfogo... da lui sto imparando a vivere il dolore, ad urlarlo, a
condividerlo nel branco, a nasconderlo anche se lui stesso mi ha insegnato a
leggerlo dagli occhi e dal cuore...
Non
voglio sembrarvi patetico! Non scrivo per farmi bello! No, lo faccio perchè non
ho pudore, perchè non nascondo il mio dolore e perchè credo che il dolore sia
diluibile... faccio il cantautore proprio perchè non ho pudore, proprio perchè
credo che le emozioni si diluiscano nell’aria e perchè il loro odore sia ancora
più forte...
E
tutto questo si è saldato ancora di più nel mio essere negli ultimi 11 anni...
Grazie
a lui... il mio bimbo maculato... Mozart...
Gli
bisbiglio ogni giorno all’orecchio quanto lo amo... voglio che lo sappiate
tutti!
Ti
amo Mozart! Ti adoro! Ti amo da impazzire, da morire, da svenire, da
eviscerare...
Miei cari lettori... come avrete notato non postavo nulla da qualche mese ormai... e sono costernato per ciò! Ma c’è una ragione!
Negli ultimi mesi stiamo lavorando a 3 nuovi spettacoli live, una colonna sonora ambiziosa, un nuovo “misero” disco, stiamo preparando l’uscita di 3 singoli consecutivi e loro relativi videoclips estratti da “L’inconcepibile” e infine io personalmente (Beppe) sto arrangiando e producendo il disco di un cantautore modenese (disco molto particolare tra sonorità orientali, anni ’70 e folk psichedelico)
Insomma, tanto lavoro che ci impegna tutti i giorni...
E come se non bastasse, sempre io, Beppe, conduco una trasmissione radio su OkRadio.
La trasmissione è scritta e condatta dal sottoscritto, s’intitola “L’Italia dei Pensatori” e va in onda ogni Mercoledì sera alle 21 su OkRadio, ascoltabile online sul sito della radio (presto le repliche in streaming nella sezione ReLoad e il Podcast). Nella trasmissione, tra ironia, scherzi, ospiti e tanta musica italiana,esponiamo pensieri,raccontiamo criticamente l’Italia, la vita di tutti i giorni, i problemi, la pazzia, la filosofia e molto altro... Insomma una specie di Blog-Radio condito di tanta musica, ascoltabile via radio anzichè leggibile!
Ma farò di tutto per continuare a scrivere su questo blog che tra l’altro è nato da poco! Io non lo abbandonerò, ma voi seguiteci via Radio e sul facebook della trasmissione... Mi raccomando!
P.S..... Dimenticavo, durante la trasmissione, oltra a tanta musica italiana, potete ascoltare un nostro nuovo brano intitolato "L'Italia dei Pensatori" che è per l'appunto la sigla del programma radio!...
Da anni producono e diffondono la loro musica con un’atteggiamento unico e vincente, anomalo per l’artista italiano che versa lacrime sulla sua stessa t-shirt (o sulla camicia del più figo) in cerca di comprensione e compassione tipica di un popolo perdutamente e culturalmente cristiano e democristiano.
Da anni che con ironia parlano di se stessi e del loro mondo, riflettendo l’immagine dell’italiano (medio o comune), del perdente (nato per subire), del bigotto cattolico e di molte altre figure (tipiche e non) che popolano le strade e disegnano un quadro di un paese meschino, fradicio, fiacco e alla deriva.
Tutto ciò, gli Zen Circus di Andrea Appino, lo fanno con un atteggiamento folk-punk-rock che somiglia ad uno schiaffo secco e potente in una fredda giornata d’inverno. Tutto ciò lo urlano con il cuore di un cantautore attento, con l’ironia di un commediante satirico, con l’energia dell’operaio cinico e sindacalista.
Venerdì li ho visti al Locomotiv di Bologna, dal vivo. Li ho visti sudare per un’ora e venti minuti di Rock. Li ho visti saltare sul palco con la credibilità di una vera band punk-rock-folk che rispetta la tradizione cantautorale italiana, con tutta la rabbia di chi cerca di tirar fuori “la testa dalla sabbia”. Un power trio di musicisti che ha preso a schiaffi la platea del locale bolognese in cerca di una reazione, in cerca di sudore, di un sorriso amaro sul volto di chi pensa sia tutto da rifare ma che abbia la forza di rimboccarsi le maniche e di iniziare a “rifare”.
Grazie Zen Circus, grazie per fare della gran bella musica, grazie per come la fate e per il sudore che ci regalate. Grazie per essere una delle migliori realtà musicali italiane, grazie per aver creduto sempre nel mondo operaio (musicale e non) che urla dal basso. Grazie per la schiettezza. Grazie per la bella lezione operaia che da oltre 10 anni manifestate.
Per chi ancora non li conoscesse o ignorasse la loro esistenza: THE ZEN CIRCUS, cercateli, comprate i loro dischi, ascoltateli, non lasciateveli scappare dal vivo, perchè “il fuoco è alimentato da ossigeno e dall’aria che respiri... non puoi impedirlo, è naturale vivere, non puoi nasconderlo, nè tantomeno fuggire...”.
Sono più di vent’anni che sono coerenti e fedeli al loro pubblico, alla musica... anzi alla musica e alla cultura... E non parlo di cultura borghese per riempirmi la bocca di chiacchiere e ideologie intellettualoidi... Parlo di cultura nel più ampio senso letterario. Cultura come quella che tanto difendeva e per la quale combatteva Pier Paolo Pasolini!
Di chi parlo?
Parlo di una band, di un gruppo di amici e musicisti che con 5 dischi in studio ed un live hanno marcato a fuoco la musica italiana e la cultura stessa, senza far troppo rumore. Poeti musicali e letterari. Una marcia in più che pochi hanno cercato e scovato negli anni.
Sto parlando dei Virginiana Miller. Sto parlando di un progetto vivo, denso e magico. Può capitare di incontrarli e sentirli per sbaglio o perchè li cerchi. Se li ascolti attentamente rischi di innamorarti di loro e se ciò accade non riuscirai più a far a meno di loro.
Mercoledì scorso li abbiam visti a Bologna per una delle ultime date del tour “Il primo lunedì del mondo”, prima che si richiudano in studio per prepararci il loro prossimo capolavoro.
Sul palco che trasudava poesia, viscere e sudore, in uno spettacolo semi-acustico, abbiam avuto modo di sentire brani da “Gelaterie Sconsacrate”, brani che non sentivamo da tempo, da “Italiamobile” e poi ancora tante altre. Abbiam sentito le parole di Simone che ha chiacchierato con il pubblico. Abbiam sentito l’energia che rimbalzava dal basso soffitto dell’Arteria alle nostre orecchie.
Qualcuno ha avuto la fortuna di respirare quell’energia e quella purezza che trasudano, personalmente, nei camerini e nel backstage con loro. Qualcuno ha notato le piccole imperfezioni di un’esibizione live: la stonatura, l’arrangiamento sbagliato, il mancato sguardo d’intesa... Dettagli! La verità è un’altra. Cari Virginiana non è vero che avete avuto “soltanto canzoni che non canta nessuno, che non cambiano niente”... Mercoledì ho sentito cori, ho visto persone con le lacrime agli occhi, sogni e parole che hanno cambiato la vita di qualcuno... Credetemi! Avete fatto tanto e siamo tutti in attesa trepidante di tutto quello che farete ancora!
Giuratemi “che resteremo giovani e felice, e sempre in bilico, su queste superfici, senza scivolare giù”!
Grazie intanto per la serate e per la vostra musica e le vostre parole (“sono sassi e me li sono messi in tasca”)
Un abbraccio amici e maestri! Misero Beppe
(N.B. : tra le virgole “” versi delle canzoni dei Virginiana Miller... naturalmente!)
Un ragazzo di età imprecisata. Porta spesso in testa un cappello a forma di rana. Si mimetizza nella realtà per vivere con rabbia ed energia. È pronto ad affrontare qualsiasi peripezia per amore. Cavalca Donchisciottemente bici maculate. Sfodera con tutto il suo pathos le armi necessarie a rincorrere la vita.
Ha due occhi grandi per guardarsi attorno.
Ma non riesce a fare a meno di guardarsi dentro.
Fabbrica ali per sorvolare sul mondo ed osservarlo meglio. Si lascia trasportare dal vento per cercare dall’alto.
Ma non riesce a fare a meno di cercarsi dentro.
Si perde tra i pesci che nuotano intorno a sè.
Si perde sui palchi dove cerca di estrarre conigli dai cilindri e trova solo cilindri tra i conigli. Apre i sipari per mostrarsi a noi tutti.
Ma non riesce a fare a meno di se stesso.
Perchè è il segreto che custodisce il motore della poesia.
Chi è Stephane Ulyss?
Nasce dalla penna di Lucrèce (Buganè), dalla sua immaginazione, dai suoi colori.
Lasciamo alla retorica dei recensori giudicare queste meravigliose tavole dipinte.
Noi ci limitiamo a perderci tra di loro senza ridurre in verbo la poesia dell’immagine.
E’ ormai andato il nostro singolo per l’estate 2011: “La druda e il soldato” tratto dalla colonna sonora della serie tv “L’ispettore Coliandro". Genesi del brano? Eccola qui pronta per saziare l’appetito dei curiosi. Proprio in un tempo particolare che segna le pagine politiche di questo paese: oggi!
Una notte di fine Agosto 2008, costretti a subire l’afa bolognese che annebbiava la vista del sottoscritto e dell’eterno amico Rusty, per terminare i lavori di preproduzione del disco “L’inconcepibile”, squillò il telefono intorno alle ore 22 di sera. Dall’altro capo del telefono i “Manetti Bros” mi chiedevano: “Ah Beppe, come stai? Te piacerebbe lavorare alle colonne sonore della prossima serie di Coliandro? Ce serve però che tu scriva un pezzo in dialetto che racconti dell’amore tra una brigantessa e un poliziotto. Il pezzo deve essere una pizzica. Però te ci conosci, no? A noi piace il rock duro. Che ne dici di fare una pizzica Rock? Te sei il musicista e sai come fare. La produzione ci aveva proposto alcune band ma noi abbiam pensato: beh, i Misero Spettacolo sarebbero perfetti. Ed eccoci qui pronti a chiamarti. Poi, per sceneggiatura l’attrice farà parte di una band folk rock pugliese e abbiam pensato che potreste farla proprio voi la loro parte. Che ne dici? Te garba l’idea?... Te saresti il cantante della band che se chiamerà “I Banditi” e il tuo nome sarà “Lupo”. Te piace? Nel brano parla de che te pare, basta che racconti la storia d’amore e che sia in dialetto. Sò esigenze de sceneggiatura! Ok?... Ah dimenticavamo, però ce devi mannà un provino entro domani sera. Hai meno de 24 ore. Se ce riesci e ce piace, il lavoro è tuo! Allora?”....
Travolto dalle mille informazioni e dalle lancette dell’orologio che in quell’istante iniziarono a far rumore nella mia testa, non avevo molte parole pronte, tra la lingua e i denti, a mutarsi in suono e a propagarsi nell’aria. Accettai semplicemente la sfida e accesi la prima sigaretta in cerca di chiarezza.
Inizio a pensare: beh, sarebbe bello raccontare una storia vera di una brigantessa che si innamora di un soldato... chissà se esiste qualcosa...
In ogni caso non conosco molte cose riguardo al mondo del brigantaggio. Dovrei approfondire...
Idem riguardo alla pizzica!!! Devo ascoltare un po’ di musica tarantolata!!
Alle ore 22,20 mi metto al lavoro. Inizio ad ascoltare tutto quello che mi capita online e che si possa racchiudere nella limitativa definizione di un genere musicale (che altro non è che un’opinione). Cerco di studiarne ritmi, armonie e strutture. Sembrano praticamente tutte uguali. Sono ben definibili.. anche se odio definire... però stavolta mi tocca provarci.
Intorno alle ore 24 penso: “E’ ora di far raffreddare la mente. Esco e bevo una birra con un’amica!”. Tra birre e sigarette in compagnia si fanno le 4 del mattino. Gisella, si chiama così, promette: “In quanto lucana, conosco un po’ di storie sul brigantaggio. Facciamo così, ora torno a casa, faccio una ricerca online e ti invio quello che trovo. Lascio Gisella sulla soglia del suo portone in via Pratello e torno a casa. Tra il percorso, una sigaretta e la passeggiata notturna con Mozart, le lancette dell’orologio segnano le 5. Accendo il computer, leggo le mail ed eccoti il primo allegato che mi arriva da parte di Gisella. Saranno 30 o 40 storie sul brigantaggio al femminile. Le leggo tutte. Una tra queste mi folgora e da elettricità a quella piccola lampada che invade la mia mente: “Eureka!” (avrebbe detto Archimede).
La storia è quella vera di Francesca LaGamba. Filandiera calabrese di fine ‘700. Bella donna e madre di tre figli che resta vedova durante l’occupazione francese. Proprio un ufficiale francese si invaghisce della stessa Francesca e tenta di sedurla. LaGamba respinge le avances del soldato che, ferito per il rifiuto, pensa di vendicarsi della donna. Così l’orgoglioso ufficiale predispone l’affissione di falsi manifesti che ineggiano alla rivolta contro l’esercito francese e incolpa della bravata i tre figli di Francesca che vengono arrestati. La donna disperata supplica l’ufficiale irremovibile che invece processa e condanna alla fucilazione le tre vittime innocenti.
Dal dolore Francesca dismette i suoi soliti panni per unirsi ai briganti della zona e giura vendetta. In poco tempo diviene una delle maggiori menti del movimento e presto capo riconosciuto della banda stessa. Inizia a seminare terrore tra gli oppressori e durante una delle sue imboscate il caso vuole far suo prigioniero proprio il famoso ufficiale francese. A quel punto, Francesca gli strappa con un coltello il cuore dal petto e lo divora davanti a tutti!
Fu questa la meravigliosa storia che rapì la mia attenzione. Una storia di Vendetta reciproca. L’ufficiale innamorato e rifiutato vendica il suo onore e con la sua stessa vendetta impasta lui stesso l’indole di una druda (brigantessa) assettata di sangue e vendetta. La vendetta che genera vendetta. Le strategie che tessono la tela del dolore e alimentano la sete inesauribile di potere che schiaccia il potere.
Così provai prima a romanzare la loro tragica storia d’amore e poi ad immaginare il loro ultimo scambio di parole, invettive e accuse prima che Francesca strappasse e divorasse il cuore dell’ufficiale. Nacque così l’idea di raccontare gli ultimi 2 minuti del loro ultimo incontro attraverso un ipotetico loro dialogo supposto dalla mia immaginazione.
Ne venne fuori un’alternarsi di nudità umane vinte dalla disperazione, dall’orgoglio personale, dalla paura di morire e dalle colpe reciproche che albergano in ogni storia del nostro paese e di tutto il mondo.
Nacque così una canzone in linea con il disco che stavamo registrando in quei giorni: capire il microcosmo per spiegare il macrocosmo. Comprovavo ancora una volta la tesi che le colpe di tutte le accuse sociali e personali, albergano in primo luogo dentro di noi.
Poi conclusi, però, la canzone con una nota di ottimismo sostenendo che essendo noi stessi per primi parte della causa del malessere, inevitabilmente potremmo essere noi stessi per primi i promotori di un nuovo benessere. “La storia siamo noi” diceva qualcuno, ed io ribadisco che la scriviamo ogni giorno noi stessi attraverso la nostra vita e tutto ciò che facciamo.
Alle 8 del mattino era pronto il testo della canzone.
Alle 11 avevo terminato di registrare il provino completo di batteria, due chitarre, basso, voce e cori.
Ore 11, spedisco il provino ai Manetti via mail.
Ore 11,30 finalmente riesco ad andare a dormire qualche ora.
Alle 16 squilla il telefono svegliandomi. Sono i Manetti. Il lavoro è mio!
“La druda e il soldato” farà parte, insieme ad altre nostre canzoni, della colonna sonora della serie “L’ispettore Coliandro III”, e sarà la canzone che chiude il disco “L’inconcepibile”.
Testo: LA DRUDA E IL SOLDATO
DRUDA:
Jend a stu pais chiein de cunighj
Tnaj na camis zlet de fang
P’abbugghjè u pen de la famighj
Le figghj affamt me zlast de sang
TRADUZIONE TRA PARENTESI
(In questo paese pieno di conigli, avevo una camicia sporca di fango, per coprire il pane della famiglia, i miei figli affamati sporcasti di sangue)
SOLDATO:
Tu l’ha zlast, livt da’n gudd
Sott la dvis nu sbirr jè alla nud
(Tu li hai sporcati, spostati da qui, sotto la divisa ogni soldato è nudo)
DRUDA:
Tu m’ha spugghjet e lasset nu curtidd
Tu m’ha mannet jend o vosch o fridd
(Tu mi hai spogliata e messo in mano un coltello, tu mi hai mandata nel bosco al freddo)
SOLDATO:
No tu t’ha crijet
Je pe vu non vogghj ballè
(No tu stessa hai voluto essere così, io con voi non voglio ballare)
Stouc a trmlè comm na fogghj
Comm nu suurch senza nisciun
Nanz alla mort sim tutt cnighj
Sbrirri, cafun, briganti e patrun
(Sto tremando come una foglia, come un topo senza nessuno. Davanti alla morte siamo tutti conigli: soldati, contadini, briganti e padroni)
DRUDA:
T’agghj a struppjè. T’agghj a fe four
T’agghj a strazzè d’angann u cour
(Ti massacrerò, ti ucciderò, ti strapperò il cuore dalla gola)
SOLDATO:
Tu gè m’accis, nanz all’amour
Pe nu no m’ha scippet d’angann u cour
(Tu mi hai già ucciso, dinanzi all’amore. Con un no hai rubato il mio cuore dalla gola)
DRUDA:
No, si tu ca m’accis
E mò p nu tu addà ballè
(No, sei stato tu ad uccidermi ed ora con noi tu ballerai)
P.S. (Un grazie di cuore a Gisella! Grazie davvero Gì! Le canzoni nascono a volte per caso, a volte perchè dettate, a volte per una serie di incastri vitali per la loro stessa vita, spesso eterna! Perciò Grazie!)
Con questo primo post vorrei dare il benvenuto al nostro primo ed ufficiale Blog che accompagnerà pensieri, discussioni e commenti. Spero sarete in tanti a partecipare e a visitarci. Noi cercheremo di essere presenti il più possibile!!! Vi arricchiremo con foto, post, massime, parole e quant'altro!!!
Ci state? Entrate anche voi nel Nostro Misero Emisfero?
BENVENUTI allora!